martedì 29 marzo 2011

L'arte astratta

Non si può negare che l'arte astratta ha scoperto forme e colori di cui il mondo di oggi pareva avere bisogno per le sue città, le sue abitazioni, il suo modo di vita. L'arte astratta era davvero rivoluzionaria; ma i regimi più o meno antirivoluzionari, in Italia, in Russia, in Germania, la consideravano dannosa, decadente. Gli Stati Uniti però, che non avevano una propria tradizione artistica e culturale, accolsero l'astrattismo con notevole entusiasmo, e anzi fu così che nacque forse la vera prima generazione di pittori americani. Essi hanno creato una nuova corrente dell'arte astratta, chiamata pittura informale. Il rappresentante più interessante di questo movimento è Jackson Pollock.

Dopo la guerra, la pittura astratta si è enormemente diffusa. Ha vinto la partita e si è imposta; ma non è facile dire quando ci si trovi in presenza di opere importanti. Bisogna abituarsi a distinguere la varietà delle formule (contrasti violenti o accordi delicati, tinte distese appena spruzzate, tonalità prima sconosciute).

La pittura era stata, finora, una glorificazione dell'uomo: come se un individuo, tra i fatti della vita, continuasse a fare riferimento soltanto a se stesso.

Ma al pari della scienza, che ci spinge a prendere conoscenza e a fare la conquista del mondo non come a noi sembra ma come in realtà è, così la pittura astratta ci spinge a vedere com'è fatto il mondo dei colori e a ricavarne, possibilmente, delle impressioni piacevoli. 

domenica 27 marzo 2011

L'arte romana

Per arte romana (senza ulteriori aggettivi) si intende l'arte della Roma antica, dalla fondazione alla caduta dell'Impero d'Occidente, sia nella città di Roma che nel resto d'Italia e nelle province orientali e occidentali. L'arte nella parte orientale dell'Impero, dopo la caduta dell'Occidente, sebbene sia in continuità con la Roma imperiale, viene indicata come arte bizantina.
Le forme artistiche autoctone, nella fase delle origini e della prima repubblica, sono piuttosto elementari e poco raffinate. Con il contatto con la civiltà greca Roma avrà un atteggiamento ambivalente nei confronti della "superiore" arte greca: progressivamente ne apprezzerà le forme, mentre proverà disprezzo per gli autori, artisti greci socialmente inferiori nei confronti dei conquistatori romani (lo stesso atteggiamento era tenuto verso filosofi e poeti ellenici). Con il passare dei secoli l'arte greca avrà un sempre maggiore apprezzamento, anche se non mancheranno tendenze autoctone "anticlassiche" che costituiranno un elemento di continuità con l'arte romanica.
Parlare di arte romana implica di trattare della produzione artistica nell'arco temporale di circa un millennio, con confini geografici di volta in volta più estesi.
All'inizio di questo svolgimento il problema sul quale si sono soffermati gli studi è quello di individuare un momento di stacco tra la produzione genericamente italica (intesa come koinè tra l'arte campana, etrusca e laziale) e la nascita di un accento peculiare legato all'insediamento di Roma, diverso dagli altri e dotato di una propria specificità...
Via via che il territorio amministrato da Roma si faceva più ampio sorge un'altra questione negli studiosi, cioè quella se comprendere o meno tutte le forme artistiche dei popoli assoggettati a Roma. Ciò porterebbe a comprendere sotto la stessa la civiltà artistiche più antiche, come quelle legate all'ellenismo (Grecia, Asia Minore, Egitto), e produzioni più incolte, messe in contatto con l'ellenismo proprio dai romani (come la penisola iberica, la Gallia, la Bretagna, ecc.).
I due orizzonti (arte della città di Roma e arte antica in età romana) vanno entrambe tenute presenti, anche per il continuo intrecciarsi delle esperienze legate alla produzione artistica da Roma alle province e viceversa. Tutta l'arte romana è infatti intessuta da un continuo scambio tra il centro e la periferia: da Roma partivano le indicazioni ideologiche e di contenuto che influenzavano la produzione, senza però proibire una certa diversità e autonomia di espressione legata alle preesistenti tradizioni. In particolare i Romani arrivarono a influenzare anche i centri ellenistici tramite un nuovo concetto dell'arte, intesa come celebrazione dell'individuo "nello Stato" e dello Stato come propulsore del benessere collettivo.

L'arte egizia

L'arte egizia ha origini antichissime, precedenti al III millennio a.C., e si intrecciò nei secoli con quella delle culture vicine (siro-palestinese e fenicia).
L'arte dell'Antico Egitto si può suddividere in due grandi periodi: l'arte predinastica o preistorica, e l'arte dinastica dell'Antico, Medio e Nuovo Regno
L'espressione più nota della cultura egizia a partire dall'Antico Regno è l'architettura delle colossali piramidi: già nella III dinastia il faraone Gioser (secolo 2600 a.C.) si fece costruire la prima piramide a gradoni a Saqqara, prendendo ispirazione dalle ziqqurat della Mesopotamia e da una sovrapposizione di mastabe, tombe tradizionali. Queste costruzioni includevano cappella funebre, sale per le statue e la cripta sepolcrale. La tipologia naturalistica di queste strutture funerarie, caratterizzata dalle serie di pilastri, dalle colonne con o senza capitello, nel caso di tendenze protodoriche, in seguito ebbe un'evoluzione indipendente con i lati lisci a triangolo isoscele, ed ebbe il coronamento nelle celeberrime piramidi di Giza, tra le quali spicca la Piramide di Cheope (IV dinastia), uno degli edifici più antichi e impressionanti al mondo. Nella piramide a gradoni esistevano lunghi cuniculi sotto terra, dove si trovavano anche camere. Nella piramide a faccia liscia le stanze vennero invece poi costruite sia sotto terra sia dentro la piramide.
Nel Medio Regno si svilupparono nuovi percorsi architettonici alternativi, le piramidi in mattone assunsero dimensioni più ridotte, aumentarono il numero delle sale interne e si prospettarono i modelli del futuro, come il viale di accesso a sfingi, obelischi all'ingresso, cappelle e chioschi per le processioni, cortile con porticato. La tomba del re venne posta a 150 metri di profondità e non più all'interno di una scala conducente al cielo. La terrazza costruita davanti alla parte sotterranea proponeva un'immagine della creazione del mondo.
Per quanto riguarda i grandi complessi architettonici, quali Luxor e Karnak ristrutturati e in auge anche nel Nuovo Regno, ogni elemento fu indirizzato a infondere un senso di sacralità e di mistero attorno al sacello divino: già in pianta si può notare la complessa articolazione degli spazi, disposti in una lunga successione di cortili, porticati, atrii, sale ipostile via via più piccole e buie, con l'uso di enormi lastre monolitiche sostenute da colonne che schermano la luce. Ogni elemento della struttura riprodusse una parte dell'ultraterreno mentre l'insieme della struttura simulò il tutto cosmico; così se la copertura del portico del cortile venne decorata con un tema a stelle, il pavimento del cortile tese a imitare il colore del terreno dei fertili campi della Valle del Nilo e gli architravi sopra i capitelli ospitarono i nomi dei re poiché indicanti il punto di congiunzione tra terra e cielo.[2]
Una delle novità del Medio Regno fu il proliferare di santuari in tutte le provincie del Regno esprimenti anche divinità locali.
Durante il Nuovo Regno i templi divini si estesero ulteriormente, anche se la sede di quelli più famosi si confermò Tebe. I complessi divennero sempre più articolati, nel pieno rispetto della disposizione gerarchica imposta dal rito: il viale d'accesso conduceva a sfingi o ad arieti, un massiccio portale esterno introduceva al cortile riservato al popolo, mentre all'interno era prevista la sala per i funzionari ed i sacerdoti, e per ultimi il vestibolo e il sacrario riservati al faraone. Gli interni vennero impreziositi da geroglifici e decorazioni policromatiche in rilievo. Tra i templi si annoverarono quelli a terrazze arretrate e quelli ad un'unica torre d'ingresso ispirati ai migdol palestinesi, mentre la struttura più originale fu eretta del re eretico Akhenaton, a cortili aperti culminati da quello portante l'altare del sole.
Sotto i Tolomei ed i Romani l'architettura si arricchì di elementi stranieri e di grandi opere dedicate soprattutto a Iside e Horo.
L'Egitto non mancava di risorse naturali e se l'oro abbondava nei deserti orientali, grandi cave furono aperte per rifornire di pietra calcarea e di arenaria i costruttori. Proficua fu anche l'importazione di avorio ed ebano dalle tribù africane del sud, e del rame dai territori siriani.
L'arte decorativa era completata da vasi costituiti inizialmente in terra del Nilo, in pietra e in un secondo tempo in argilla, statuette in terracotta e in avorio raffiguranti uomini e animali al lavoro, tavolette in scisto che col passare del tempo assunsero carattere votivo, con i temi ormai in rilievo. Tra le tavolette di questo periodo, conservate al Museo del Cairo, si annoveraro la Tavoletta della caccia, la Tavoletta della battaglia e la Tavoletta del re Narmer, che segnò, per le sue caratteristiche artistiche e culturali, il punto di passaggio fra il periodo preistorico e quello dinastico.
In tutta l'arte predinastica notevole furono gli influssi provenienti dalla Mesopotamia. Complessivamente sono giunti sino ai nostri tempi pochi reperti artistici e architettonici riguardanti il periodo predinastico.
La grande abbondanza di materiale lapideo in Egitto determinò fin dall'Antico Regno una notevole ricchezza di opere scultoree. Nella scultura a tutto tondo o ad altorilievo le figure, generalmente commemoranti i defunti, sono presentate in maniera rigidamente frontale, e sebbene siano talvolta inscenati dei movimenti di braccia e gambe, il risultato è sempre sostanzialmente statico. Grande attenzione viene di solito posta nei volti, con una maggiore delicatezza nella resa del modellato e dei lineamenti. Con il trascorrere del tempo venne instaurato un vero e proprio canone di proporzioni per governare le varie parti della figura. Al naturalismo iniziale, ben evidenziato nelle statuette di animali e di madri col bambino al collo, subentrò il realismo manifestato nei simulacri regali di Gioser, per fare spazio poi alla tendenza all'idealismo e all'eleganza.[1]
I materiali scelti, in questo periodo, furono dapprima l'avorio, l'osso, il legno duro e poi anche il granito e la pietra dura con utensili di rame e martelli di pietra.
Durante il Medio Regno i laboratori di Menfi produssero statuette impregnate di accademismo, mentre gli artisti di Tebe idearono statue esprimenti grande forza, oltre alla innovazione della orma cubica. In questa epoca le statuette che accompagnavano il defunto rappresentavano vere e proprie scene teatrali.
Nel Nuovo Regno si diffuse il gusto umanizzante raffinato ed elegante, in linea con i canoni della corte di Tebe. La continua ricerca ed evoluzione plastica sfociò alla classica figura sorridente tipica del periodo dei Ramesse.
Nelle epoche successive, come in quella tolemaica, la sintesi fra il gusto greco e quello egizio creò compromessi tra naturalismo e geometrismo preparando lentamente l'arte copta.
La maggior parte delle opere pittoriche, in tempera, vennero dipinte direttamente sulla pietra o su un intonaco costituito da uno strato di gesso, paglia e fango. Solitamente gli artisti lavoravano in gruppi, guidati dai maestri, ai quali spettavano le figure più importanti e le elaborazioni dei contorni e dei dettagli, mentre i pittori riempirono gli abbozzi con pennellate colorate.[2] I colori vennero ricavati dal ferro, dall'ocra, dal carbonio e dalla malachite, oltre che dal mescolamento con il bianco, derivato dal gesso o dalla calce. Il verde derivò dai sali di rame mentre celeberrimo fu il blu egizio.
Nell'Antico Regno si impose nel disegno il bassorilievo cromatico prima della diffusione del gusto pittorico vivace delle tombe di Meidum (circa all'inizio della IV dinastia), che comprese dapprima celebri scene di caccia e in seguito scene prese dalla vita quotidiana e dalla natura (V dinastia), nelle quali le figure assunsero un rapporto reciproco.
Durante il Medio Regno la pittura prese il sopravvento sulle arti scultoree per la sua maggiore facilità di realizzazione sulle rocce. Due furono le innovazioni di questo periodo: il naturalismo delle tombe di Beni Hasan e la tendenza a dipingere il sarcofago delle mummie.
Il Nuovo Regno favorì la raffigurazione di scene di guerra e di culto ispirate al Libro dei Morti. L'evoluzione passò attraverso l'esaltazione della linea e la gradazione coloristica fino all'espressionismo dell'ultima fase.
Nelle epoche tolemaiche e romane si diffuse il gusto del particolare e del movimento.

L'arte Assiria


Le opere d'arte giunte sino ai nostri giorni appartengono, nella maggior parte dei casi, al periodo del Nuovo Impero. L'arte assira, come tutta la sua cultura, deve un forte tributo a Babilonia, ma durante l'ultimo periodo essa mostra una certa originalità.
Molte immagini rappresentano scene di guerra e spesso mostrano nel dettaglio e con crudo realismo le torture subite dai popoli sottomessi al potere assiro. Si tratta chiaramente di un'arte che ha come fine la celebrazione del potere dell'imperatore e scopo di propaganda.
Accanto alle statue, ebbero un ruolo molto importante anche i rilievi che decoravano le stanze e gli ingressi dei palazzi regi o le porte delle città. La qualità dei rilievi raggiunse un livello altissimo nei palazzi assiri. Fra le poche forme scolpite a rilievo molto alto, vi erano le figure di giganteschi tori alati: situati vicino alle grandi porte con la funzione di protettori del palazzo o delle città, avevano testa umana ( simbolo dell'intelletto), membra del toro (simbolo di forza e fertilità) e ali d'aquila (re degli uccelli).

L'arte Babilonese

Si definisce arte babilonese il complesso delle opere artistiche prodotte nella Mesopotamia centro-merid. dall'avvento (1894) della I dinastia di B. alla grande dinastia di Hammurabi, all'ingresso in B. (539) di Ciro il Grande, quando la cultura mesopotamica comincia a dissolversi, mentre si perde l'indipendenza politica nell'impostazione sovranazionale dell'Impero achemenide. Più propriamente l'arte babilonese del periodo più antico, tra il 1894 e il 1595, si definisce antico-babilonese; quella dell'età medio-babilonese, tra il 1595 e la fine del II millennio, si denomina cassita dalla popolazione che dominò in B. (v. Cassiti); infine, mentre si parla di arte babilonese nel periodo dell'Impero neoassiro nel I millennio fino al 612 (distruzione di Ninive), l'arte del periodo della rinascita babilonese sotto Nabopolassar (625-605), Nabucodonosor II (605-562) e Nabonedo (555-539) è designata come neobabilonese. L'arte del periodo antico-babilonese è nota solo da resti di città contemporanee della I dinastia di B. e a essa soggette dopo il regno di Hammurabi (1792-1750), perché la B. più antica non ha potuto essere scavata, in quanto attualmente sotto il livello delle acque di infiltrazione. L'architettura del tempo è nota soprattutto dai templi di Assur e Tell Rimah in Assiria, di Iskhali, nella regione del Diala, dalla città di Mari sul Medio Eufrate, distrutta da Hammurabi. Caratteristica dei santuari è l'articolazione dei vani su un asse longitudinale con la presenza di un vestibolo, una corte a cielo aperto, un'antecella e una cella, queste due ultime più larghe che lunghe; questa tipologia ereditata dalla tradizione architettonica neosumerica, rimarrà tipica dell'architettura sacra di B. fino al tempo di Nabucodonosor II. Il palazzo di Mari, che era molto celebrato dai contemporanei in virtù dell'imponenza delle soluzioni architettoniche, presenta un'organica definizione spaziale per corti comunicanti, attorno alle quali si dispongono vani funzionalmente specializzati. L'arte figurativa ha come tema fondamentale nella statuaria l'immagine votiva del re e nel rilievo la stele monumentale, pure votiva, con una rappresentazione devozionale del principe in preghiera di fronte al dio. Si sviluppano le esperienze formali neosumeriche con un rinnovato senso plastico, caratterizzato da definite modulazioni delle superfici, che raggiungono alti livelli artistici nella testa cosiddetta di Hammurabi (Parigi, Louvre). Al tempo di questo sovrano si raggiungono importanti conquiste nella rappresentazione piana, con la definizione coerente della visione di profilo della figura umana e con accenni di scorcio. È probabile che la contemporanea arte dei centri amorrei della Siria sett. (Aleppo, Ebla, Alalak con la sua elevata produzione particolarmente nella glittica) abbia influenzato l'arte antico-babilonese, come è documentato a Mari. Dopo l'età cassita, che conosce originali soluzioni spaziali nell'architettura e interessanti tendenze espressionistiche nella plastica minore e nella pittura, B. nei brevi ma gloriosi anni dell'impero neobabilonese, dopo la sconfitta del grande rivale assiro, sembra riesumare, in un'originale rielaborazione culturale che è colma di reminiscenze e di riferimenti al passato, le più tipiche tradizioni sumeriche. L'architettura, che è abbondantemente documentata nell'immensa città che riempì di ammirazione Erodoto e affascinò Alessandro, perpetua le tradizioni tipologiche nei templi minori, nel grandioso complesso dell'Esagil e nell'insieme palazziale della cittadella meridionale.

L'arte sumerica

Con arte mesopotamica si considera l'arte sviluppata in Mesopotamia in età antica, a partire dal IV millennio a.C. fino a circa il I millennio a.C. La Mesopotamia fa parte di quella che è chiamata la mezzaluna fertile, cioè quel territorio che comprende anche la costa sud orientale del mar Mediterraneo (nei territori dell'attuale Siria, Libano, Israele e Giordania) e l'Egitto. Quest'area ha visto la nascita delle più antiche civiltà organizzate, con importanti scambi e influenze reciproche.
La Mesopotamia, a differenza dell'Egitto che ha mantenuto per millenni una certa continuità etnica e culturale, ha visto susseguirsi numerosi popoli e invasioni, con la conseguente sovrapposizione di culture e forme artistiche. Fra le popolazioni mesopotamiche ricordiamo i Sumeri, gli Accadi, i Babilonesi e gli Assiri.
Una delle rivoluzioni che consentirono lo sviluppo delle arti fu quella introdotta dall'utilizzo dell'irrigazione, che permise da una parte un cospicuo progresso nella resa agricola, e dall'altra la nascita di un considerevole numero di persone non più strettamente legate al lavoro della terra, e quindi utilizzabili come scribi, sacerdoti, mercanti ed artisti. Proprio in Mesopotamia venne inventata la ruota da vasaio nel 3500 a.C. e venne dato l'impulso ad attività voluttuarie o comunque non vincolate solo ai bisogni primari.[1] Nonostante questo, la figura dell'artista era messa in secondo piano, visto che veniva citato alla stessa stregua del calzolaio, ed era considerato un semplice esecutore di ordini dei potenti e l'arte stessa rifletteva i gusti e la volontà del sovrano.
In generale, di particolare importanza sono state le incisioni su pietra e su mattoni smaltati. [2] La scultura mostrò elementi simbolici più che realistici. Gli elementi caratteristici di questa arte sono stati il vasellame, l'argilla per i mattoni, le tavolette per la scrittura, e per le opere più elaborate l'argento, il bronzo, il rame e l'oro.
L'arte mesopotamica è comunque suddivisa per periodi storici, dal neolitico precedente all'introduzione della scrittura, nel quale le raffigurazioni religiose, i santuari, i templi e le statuette votive stanno emergendo nei siti archeologici oltre ai sigilli cilindrici con i loro motivi risalenti al 3000 a.C., al periodo sumerico (fino al 2300 a.C.), con l'arte statuaria molto variegata, a quello accadico (dal 2300 al 2100 a.C.), nel quale il palazzo divenne più importante del templio, le scene mitologiche vennero inserite nei sigilli,[3] e fu una maggiore attenzione all'anatomia umana.[4] In seguito si distinsero un secondo periodo sumerico (dal 2100 al 1800), caratterizzato dalle ziggurat, il periodo babilonese nobilitato dal codice Hammurabi (1700 a.C.) ed il periodo assiro incentrato sulla ziggurat e sui rilievi eseguiti sulle pietre frammisti di realismo e di simbologia mitologica. L'arte mesopotamica si chiude con un periodo neobabilonese reso celebre dalla Torre di Babele.
L'arte fiorì in città quali Ur, Lagash e Uruk, nelle quali i culti religiosi divennero fondamentali. Le divinità avevano poteri terrificanti e necessitano di riti particolari per essere placate. Proprio a tal fine, i Sumeri realizzarono una schiera di statuette rappresentanti i fedeli, da inserire nei santuari, per mostrare agli dei la loro devozione anche in assenza delle persone in carne ed ossa. Un'altra invenzione, che conferma una graduale diffusione e accumulazione della ricchezza è quella del sigillo cilindrico come attestato di proprietà. L'invenzione della scrittura sia a fini comunicativi sia a fini commerciali attesta il grado di sviluppo della civiltà sumerica. Il tempio era situato rialzato su una piattaforma, per evidenziare la sua connessione con il cielo; in questo periodo, a causa della mancanza di pietra vennero provate le potenzialità del mattone e l'ingegno dei sumeri li spinse ad ideare l'arco e la volta a botte. Nei sepolcri sono stati rinvenuti vari strumenti musicali decorati con immagini di banchetti e di battaglie.

sabato 26 marzo 2011

L'arte Grega

Per arte greca si intende l'arte della Grecia antica. Essa ha esercitato un'enorme influenza culturale in molte aree geografiche dal mondo antico fino ai nostri giorni, soprattutto nel campo della scultura e dell'architettura. In Occidente ebbe un forte influsso sull'arte romana imperiale, al punto che quest'ultima ne fu a volte considerata una vera derivazione. In Oriente le conquiste di Alessandro Magno avviarono un lungo periodo di scambi tra le culture della Grecia, dell'Asia centrale e dell'India (arte greco-buddhista del Gandhāra), con propaggini addirittura in Giappone.
A partire dal
Rinascimento, in Europa l'estetica e l'alta capacità tecnica dell'arte greca ispirarono generazioni di artisti e fino al XIX secolo; la tradizione classica derivata dalla Grecia ha dominato l'arte all'interno della cultura occidentale.
Generalmente gli storici dell'arte definiscono l'arte greca come arte prodotta nel mondo di lingua greca in un periodo compreso tra il 1000 a.C. e il 100 a.C. circa. Generalmente sono escluse l'arte minoica e micenea (o arte egea), che fiorirono tra il 1500 e il 1200 a.C.: sebbene la seconda fosse già probabilmente di lingua greca, non esiste una vera continuità tra l'arte di queste culture e la successiva arte greca.
All'estremità opposta di questa scala temporale, gli storici dell'arte generalmente ritengono che la Grecia antica come cultura distinta ebbe termine con lo stabilirsi del dominio romano sul mondo di lingua greca, che avvenne intorno al 100 a.C.
In lingua greca la parola τεχνη (tekhnê), che comunemente viene tradotta con arte, indica più propriamente l'abilità manuale tecnica e artigianale: da questo termine deriva infatti la parola "tecnica". Gli scultori e pittori greci erano artigiani che apprendevano il loro mestiere come apprendisti, spesso presso il proprio padre e che potevano essere schiavi di uomini ricchi. Sebbene alcuni di essi divenissero ricchi e ammirati, non avevano la medesima posizione sociale di poeti o drammaturghi. Fu solo in epoca ellenistica (dopo il 320 a.C. circa) che gli artisti divennero una categoria sociale riconosciuta.
L'architettura greca riveste particolare importanza per tutta la storia dell'architettura occidentale. La codificazione che, in età arcaica, verrà sviluppata per l'architettura del tempio greco nei tre ordini ordine dorico, il più antico e maestoso, Ordine ionico,più elegante e decorato e corinzio,è un' elaborazione di quello ionico diventerà con l'ellenismo il linguaggio universale del mondo mediterraneo.
Il periodo arcaico vede la codificazione degli ordini classici, in particolare il dorico e lo ionico, mentre il corinzio, che può essere considerato una derivazione dello ionico, ebbe fortuna soprattutto presso i Romani.
L'architettura dell'età classica ha invece il suo apice negli edifici che costituiscono l'Acropoli di Atene, costruiti nell'ordine dorico e ionico. Il Partenone (in ordine dorico ma con proporzioni che si avvicinano allo ionico),è l'edificio maggiore per dimensioni ed importanza perché dentro c'erano le statue di tutti gli dei. Potevano entrarci solo i sacerdoti,ed i fedeli pregavano fuori dal partenone che l'ordine era periptero.
L'ultima fase, l'architettura ellenistica, non è più l'arte della polis, ma diviene il linguaggio delle città e delle capitali delle monarchie di cultura greca e orientale. L'età ellenistica vede la diffusione dell'architettura greca anche al di fuori della Grecia e delle colonie.
L'architettura romana rielaborerà il linguaggio dell'architettura greca, mantenendolo invariato nelle sue componenti essenziali grammaticali, e verrà di nuovo riscoperto (senza in realtà essere mai stato dimenticato) nel Rinascimento e nei secoli successivi fino al XIX secolo.
Della pittura greca abbiamo solo notizie da fonti letterarie e da riproduzioni iconografiche delle urne.
La funzione del pittore in Grecia non era meno importante di quella dello scultore: grandi quadri con rappresentazioni mitologiche decoravano edifici pubblici e pinacoteche.
Il più antico dei grandi pittori di cui si ricorda il nome è Polignoto di Taso, attivo alla metà del V secolo a.C.
Altri famosi pittori furono: Parrasio, Zeusi (che lavorò alla fine del V secolo) e Apelle, forse il pittore greco più noto, artista prediletto di Alessandro Magno.
Già nel IV secolo a.C. si cominciarono ad ornare alcuni ambienti dei palazzi e delle case signorili con figurazioni a mosaico.
La ceramica greca è un capitolo importante dell'arte e anche dell'economia greca. La parola ceramica deriva dal nome del quartiere di Atene specializzato nella produzione di vasi, il Ceramico, e molta produzione era destinata all'esportazione.
Le diverse fogge di vasi sono in rapporto alla loro funzione per lo più domestica per contenere il cibo e le bevande.